Voci... che non si sentono. Dar voce
alle Voci.
La prima notte
Martedì 3 novembre 2009, ore 17.30 …
dovrei timbrare ed andarmene a casa, scappando a gambe levate da
questo posto che negli ultimi anni mi ha tolto così tanto: capacità,
rapporti umani, fiducia, dignità, soldi, serenità ed il mio futuro.
17.35 ... sono ancora qui, dovrei timbrare, andarmene, come tutte le
altre sere ... no, stasera no!
Mi guardo in giro furtiva, qualcuno sa ed io so che sa. Ma chi sono
gli altri? Ci sono sguardi, gesti, ma non conferme ... sarà quel
collega? O quell’altro? Sapranno di me?
Chi sa ha i miei stessi occhi, un pò eccitati e un pò preoccupati
... è da venerdì che so, oggi è martedì: 5 giorni per pensarci, per
provare ad immaginare, programmare, organizzare...5 giorni che non
passano mai e ancor più queste ultime ore.
Stasera si occupa!
Non ho paura, ma a fatica riesco a dominare la mia ansia: il mio
capo non se ne va ed io non so più come giustificare la mia
permanenza.
Trovarsi con gli altri darebbe troppo nell’occhio: non so dove
andare, non so cosa fare.
Timbro, saluto tutti e faccio finta di uscire, mi metto in macchina,
nel parcheggio.
Il bagagliaio pieno di materassini, cuscini e sacchi a pelo.
Fa freddo, accendo la radio, la musica un pò mi rilassa; ogni tanto
qualcuno passa per raggiungere la sua macchina nel parcheggio: come
un razzo mi sdraio sui sedili per non farmi scoprire.
Mi vergogno e mi viene da ridere di me.
Ma può essere possibile?
A 46 anni mi ritrovo a nascondermi in macchina in procinto di
occupare l’azienda dove lavoro ... proprio io, che non ho mai avuto
l’occasione di partecipare ad una occupazione neanche quando andavo
a scuola, quando avevo 15, 16 anni, con l’irresponsabilità di
quell’età, con l’utopia di poter cambiare il mondo e la presunzione
di riuscirci veramente!
Mi ritrovo a farlo ora, da adulta, con responsabilità e quindi molta
più preoccupazione ... ma qualcosa di quell’adolescente mi è rimasta
dentro.
Ancora credo che lottare per quello in cui si crede sia immensamente
importante, ancora credo che riprendersi quello che ci è stato tolto
sia indispensabile e prioritario: rivoglio la mia dignità di donna e
di lavoratrice, la rivoglio per me e per i miei figli, rivoglio la
mia vita, rivoglio il mio futuro!
Ancora credo che cambiare il mondo sia possibile o quantomeno sia
doveroso provarci e che il cambiamento avvenga attraverso piccole e
grandi cose, attraverso ognuno di noi.
19.30 riguadagno la mia posizione in ufficio, la maggior parte delle
persone se ne è andata, molto più facile ora identificare i
“compagni di viaggio” per questa avventura che si sta per compiere.
La tensione è molto alta, ognuno la esorcizza a modo suo: chi
mangiucchia, chi fuma, chi parla in continuazione...
Mi rendo conto che istintivamente cerco il buio ed il silenzio:
capisco che riuscirò a calmarmi solo quando saprò che le catene
saranno state chiuse intorno ai cancelli.
E’ passato più di un mese da quella sera e
volevo ringraziare quel gruppo di persone meravigliose, così diverse e
così unite, instancabili, con cui ho riso, pianto, litigato, con cui mi
sono ubriacata e con cui ho condiviso così tanto ... nitro, glicerina,
ciro, il baffo, vissani, lo sio, la sia ... tanti soprannomi per qualche
manciata di “operai incappucciati” che hanno nascosto il loro volto, ma
hanno mostrato un cuore ed un coraggio grandi così.
Grazie quindi a quelli “dentro” e se possibile un grazie più grande a
quelli “fuori”, quelli che dalle prime ore di quel fatidico mattino si
sono assiepati dietro ai cancelli sbarrati accogliendo la “novità” con
un confortante ERA ORA! E che lì sono rimasti con il vento, con la
pioggia, con il freddo, giorno dopo giorno, sera dopo sera, notte dopo
notte.
Alla loro fantasia, alla loro operosità, alla loro instancabile
iniziativa, alle persone timide che hanno tirato fuori tutta la loro
forza, a quelle più estroverse che hanno coinvolto, trascinato,
convinto...
Si, perchè un’occupazione è un’esperienza forte, così forte e
sconvolgente, così fuori dagli schemi, da abbattere tutte quelle
barriere di una quotidianità d’ufficio che normalmente cela, non fa
trasparire, consentendoti al contrario di conoscere le persone per
quello che sono realmente, autorizzandoti ad una affettività e
corporeità anomale per un luogo di lavoro, permettendoti di riscoprire
valori da troppo tempo ingiustamente sepolti, primo fra tutti la
SOLIDARIETA’.
A tutti quelli che fintamente lavorano, a tutti quelli che non lavorano
ma fintamente timbrano, a tutti quelli che non ho visto, a tutti quelli
che pensano che leccare il culo sia ancora la strada giusta, ai passivi,
ai vinti ... dico solo che io non mi arrenderò, che andrò avanti fino
alla fine anche senza di loro, anche nonostante loro e mi dispiace
perchè hanno perso tanto, perchè noi abbiamo qualcosa che non riescono
neanche ad immaginarsi e che probabilmente non avranno mai.
A proposito ... tornando a quella notte ... come diceva il piccolo
principe, o forse la sua volpe non ricordo, l’ESSENZIALE E’ INVISIBILE
AGLI OCCHI, ma io quella notte l’essenziale l’ho respirato a pieni
polmoni e nonostante tutto il resto a contorno, questa è stata, è e
rimarrà tra le esperienze più importanti ed intense di tutta la mia
vita.
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